Il Decreto n. 209/2023 in “attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale” sostituisce il testo dell’art. 2, comma 2, del Tuir stabilendo che: “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente”.
Viene individuato quale criterio primario la “residenza” definita “dimora abituale” dall’articolo 43 del c.c.. Assume rilevanza il “domicilio” della persona, la cui definizione per la fattispecie in esame si discosta dalla definizione civilistica di luogo ove è stabilita la sede principale degli affari e interessi. Il domicilio diviene il luogo ove vi è il centro della sfera personale e familiare dell’individuo. Viene quindi preferito l’elemento “affettivo” alla valutazione di tipo patrimoniale ed economico che faceva propendere i requisiti di cui all’ art. 2, comma 2, del Tuir, verso il luogo della sede di lavoro.
Infine, l’elenco gerarchico dei criteri definitori di residenza è concluso dal requisito della presenza fisica nel territorio dello Stato.
La verifica combinata dei citati criteri dovrà essere, in continuità con quanto già in vigore, alternativa: basterà la soddisfazione, per la maggior parte del periodo d’imposta, anche solo di uno dei criteri per vincolare l’individuo allo Stato italiano e, quindi, ivi assoggettare a tassazione tutti i suoi redditi ovunque prodotti (principio della wordwide taxation).
L’aspetto di maggior importanza è che, con il Decreto n. 209/2023, il legislatore ha finalmente demolito la presunzione di residenza legata all’iscrizione della persona fisica all’anagrafe della popolazione residente (APR). Infatti, l’iscrizione all’APR, è ora riconosciuta come puro dato formale e in un mero criterio residuale: una presunzione relativa, superabile di fronte alla prova contraria fornita dal contribuente.
La nuova normativa nasce su impulso della legge delega per la riforma del sistema tributario (legge 111/2023) che all’articolo 3 aveva raccomandato al Governo di renderla coerente con la migliore prassi internazionale e con le convenzioni sottoscritte dall’Italia per evitare le doppie imposizioni.
La novità normativa però decorre dal periodo di imposta 2024 e, quindi, fino al 2023 occorre riferirsi alle precedenti regole di determinazione della residenza: c’è tuttavia da auspicare che anche amministrazione e giurisprudenza recepiscano la novità normativa ammettendo la prova contraria anche in caso di doppia residenza nelle annualità precedenti al 2024.
Per completezza sul tema, si evidenzia che l’art. 1, comma 242 della Legge di Bilancio 2024 (Legge n. 213/2023), modificando la Legge n. 1228 del 1954, ha elevato le sanzioni amministrative pecuniarie per chi sposta la residenza all’estero senza procedere all’iscrizione all’AIRE. I comuni italiani sono ora autorizzati a imporre sanzioni pecuniarie da 200 Euro a un massimo di 1.000 Euro per ogni anno di mancata iscrizione all’AIRE, con un limite massimo di 5 anni. Al contempo, viene introdotta una mitigazione di tale sanzione a un decimo del minimo se la comunicazione viene effettuata con un ritardo non superiore a 90 giorni (a condizione che la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziate attività amministrative di accertamento, delle quali l’autore della violazione abbia avuto formale conoscenza).