È a livello europeo che si gioca la partita dell’«attrazione fiscale» dei patrimoni in cerca di collocazione, con l’intento di tramutarli presto o tardi in massa imponibile e produttiva di gettito fiscale. Tutto secondo le regole e in ossequio alle necessità di colpire i comportamenti elusivi e d’evasione fiscale.
L’Agenzia delle Entrate ha utilizzato questo mese di marzo per intervenire coerentemente:
La risoluzione antievasione è focalizzata sui capitali, detenuti all’estero e non dichiarati, dei contribuenti che hanno trasferito la residenza fuori dal territorio nazionale a partire dal 1° gennaio 2010 e individua i criteri con i quali stilare le liste selettive dei soggetti da controllare. Il profilo individuale viene costruito incrociando le informazioni disponibili nella banca dati, con quelle derivanti dallo “spesometro” e dalle informazioni rese disponibili nell’Unione e dagli accordi internazionali con le amministrazioni estere.
Il provvedimento di «attrazione fiscale» dispone, invece, un’imposizione sostitutiva di centomila euro l’anno sui soli redditi esteri del «neo contribuente» italiano, cioè del soggetto mai stato fiscalmente residente in Italia o che non lo sia stato per almeno nove dei dieci anni precedenti l’opzione (articolo 24-bis del Tuir, inserito dalla legge di Bilancio 2017). Strategie simili sono state adottate da molti Stati e tra questi da Paesi a noi vicini: Portogallo, Malta, Regno Unito, Montecarlo e Svizzera.
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